La lunga strada che ha portato i Fisici alla messa a punto di un laser inizia con la comprensione della natura della luce: nel 1900 Max Karl Ernst Planck (1858 – 1947), facendo alcuni esperimenti sulla distribuzione spettrale dell’energia emessa da un corpo riscaldato, scoprì che l’energia di un’onda elettromagnetica veniva emessa e assorbita in multipli interi di una quantità legata alla frequenza della radiazione. Chiamò allora l’unità fondamentale “quanta” (o, nel caso di radiazione luminosa, fotone). Quindi all’inizio del XX secolo era ormai chiaro che la luce è una forma di radiazione elettromagnetica, la quale gode di una natura duale: l’energia viene trasportata sotto forma di “quanta”, denominati fotoni, che sono guidati da un campo di onde.
Prima di arrivare alla nascita delle sorgenti laser bisogna però attendere che la fisica sviluppi una maggiore comprensione della materia. Basandosi sulla teoria quantistica e sulla teoria ondulatoria (formulata nel 1913 da Niels Henrik David Bohr; 1885 – 1962), Albert Einstein (1879 – 1955) nel 1917 arrivò a prevedere dal punto di vista teorico un fenomeno particolare di interazione tra radiazione elettromagnetica e materia: l’emissione stimolata di un fotone.
Dato che l’intuizione di Einstein non fu supportata da una sperimentazione e, soprattutto, non fu finalizzata ad una applicazione pratica, venne considerata come una curiosità e accantonata. Tale studio venne però ripreso negli anni ’50 sia da Charles Townes (1915) negli Stati Uniti che da Alexander Prokhorov (1916 – 2002) e Nicolai Basov (1922 – 2001) in Unione Sovietica, i quali realizzarono contemporaneamente (all’insaputa l’uno degli altri) un sistema di generazione e amplificazione di onde elettromagnetiche che sfruttava il fenomeno dell’emissione stimolata per “moltiplicare” i fotoni. Questo tipo di amplificatore non venne denominato laser ma maser, in quanto la lunghezza d’onda della radiazione emessa era nella regione delle microonde (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation, amplificazione di microonde tramite l’emissione stimolata di radiazione).
I tre ricercatori, oltre a dividere l’onore della scoperta, dovettero anche dividersi nel 1964 il premio Nobel per la Fisica (metà venne attribuito all’americano, metà ai due russi). I tempi però erano maturi: nel 1958 Charles Townes e Arthur Schawlow (1921 – 1999) presso i Bell Laboratories, New York, svilupparono e pubblicarono la teoria necessaria per arrivare alla generazione di un fascio laser, ossia di un fascio con lunghezza d’onda prossima allo spettro del visibile. Brevettarono il tutto il 22 marzo 1960, solo poche settimane prima (16 maggio 1960) che il primo laser al rubino venisse messo in funzione da Theodore Maiman (1927 – 2007) presso lo Hughes Laboratory a Malibu, California (laboratori della compagnia aerea dell’eccentrico produttore cinematografico Howard Hughes). Maiman utilizzò per primo l’acronimo “laser” (Light Emission by Stimulated Emission of Radiation) in considerazione del fenomeno fisico previsto da Einstein su cui si basava il funzionamento di tale dispositivo.
Maiman, a soli due anni dalla fine del dottorato alla Stanford University, e con un finanziamento di 50.000 dollari, aveva battuto sul tempo tutta la comunità scientifica e, in particolare, Townes e Schawlow. Questi ultimi, infatti, stavano cercando di ottenere una radiazione continua, mentre Maiman si concentrò sulla realizzazione di un laser impulsato usando come sistema di pompaggio energetico un semplice flash fotografico. Il 7 luglio 1960, Maiman presentò il suo lavoro a una conferenza a Manhattan, New York, e affermò che “il laser è la soluzione in cerca di un problema”, sottolineando quindi le potenzialità del suo dispositivo.
Probabilmente solo pochi visionari come lui compresero a fondo le molteplici applicazioni che il nuovo tipo di sorgente luminosa rendeva possibili. Gli altri, la maggior parte, rimasero scettici. L’articolo scientifico di Maiman che descriveva il laser a rubino venne pubblicato il 6 agosto 1960 sulla prestigiosa rivista Nature, dopo essere stato precedentemente rifiutato dalla rivista Physical Review Letters per un clamoroso errore di valutazione.
Sono passati quasi cinquanta anni dalla sua nascita e il laser, grazie alle caratteristiche uniche della luce generata, ha trovato applicazione in settori più disparati: dal metrologico al medicale, dall’intrattenimento alle telecomunicazioni. Ma soprattutto, ha trovato applicazione nella lavorazioni industriali (taglio laser).